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8 maggio 2011 7 08 /05 /maggio /2011 09:10

Paolo Ferrero, www.liberazione.it


Venerdì, dopo mesi in cui le lotte e le manifestazioni non sono certo mancate, abbiamo avuto la riuscita dello sciopero generale convocato dalla Cgil. Noi stessi abbiamo inteso prolungare idealmente quella mobilitazione con il presidio attuato ieri in contestazione della kermesse confindustriale di Bergamo. Il tutto avviene in un contesto in cui il governo Berlusconi, nonostante le vicende giudiziarie e grazie all'acquisto di un congruo numero di deputati, continua però a galleggiare e a fare danni. In questo contesto si pone seriamente il problema di come riuscire a dare uno sbocco politico al movimento, cioè ottenere risultati concreti ed evitare che, invece di cadere, il governo addirittura possa rafforzarsi. E' evidente che le elezioni amministrative rappresentano un passaggio che può dare il suo contributo in questa direzione. Ritengo però che per le caratteristiche di scontro generale e per i contenuti degli stessi, i referendum del 12 giugno costituiscano il passaggio politico decisivo e possano modificare profondamente il corso della politica italiana. Nel bene come nel male. Non a caso Berlusconi ha dichiarato guerra ai referendum e si muove giocando sporco, come al solito. Dopo le leggi ad personam, Berlusconi sta facendo le leggi ad referendum. Le prime servono a tenerlo fuori dalle patrie galere, le seconde sono finalizzate ad impedire ai cittadini italiani di pronunciarsi attraverso i referendum. Ovviamente, questo tentativo avviene attraverso una vera e propria truffa: sia sull'acqua che sul nucleare il governo vuole impedire il referendum ricorrendo a cavilli formali, lasciando però inalterata la sua politica a favore del nucleare e della privatizzazione dell'acqua. Nel denunciare il carattere delinquenziale dell'operazione del governo - e confidando nel fatto che la Corte di Cassazione non si pieghi ai voleri di Berlusconi - voglio però sottolineare che, a mio parere, il danno più grosso Berlusconi l'ha già fatto.
E' infatti del tutto evidente che il messaggio fatto arrivare agli italiani dai telegiornali è quello che il governo sta operando per impedire i referendum e che sostanzialmente i referendum non ci sono più. Visto che i referendum sono validi solo se va a votare la maggioranza degli aventi diritto al voto, il tentativo di Berlusconi è quello di indurre la convinzione che i referendum non ci sono più, in modo che molta gente si metta il cuore in pace e diserti le urne. Non so dire se Berlusconi riuscirà o meno nell'imbroglio di impedire agli italiani di pronunciarsi; La cosa che so è che, ad oggi, tutti e quattro i referendum sono in piedi, che fino all'ultimo la Corte non si pronuncerà e che quindi, in assenza di uno sforzo aggiuntivo, rischiamo che il 12 di giugno la maggioranza degli italiani se ne stia a casa. Questo è il pericolo più grande e, a mio parere, il vero obiettivo di Berlusconi. La discussione sul fatto che Berlusconi è un truffatore che vuole scippare i referendum rischia di oscurare i contenuti della consultazione e la necessità di mobilitarsi per portare la gente a votare. E riproduce uno scontro tutto centrato su Berlusconi, quando invece il valore aggiunto dei referendum su nucleare e acqua pubblica consiste proprio nella possibilità di discutere nel merito delle scelte, senza essere impelagati a discutere di Berlusconi. Per questo è necessario che la campagna referendaria si consolidi enormemente, intrecciandola alle elezioni amministrative, aprendola in tutto il paese. Non possiamo aspettare la sentenza della Corte per muoverci, occorre darsi da fare subito e molto.
Sottolineo questa urgenza perché ritengo i referendum decisivi sul piano politico.
Lo sono per sconfiggere Berlusconi. E' del tutto evidente che se il premier perdesse i referendum il colpo politico sarebbe pesantissimo. Per un leader populista essere sconfessato in una consultazione diretta del popolo è peggio che perdere le elezioni: è una delegittimazione senza se e senza ma. Un risultato di questo tipo potrebbe addirittura infondere un po' di coraggio al Presidente della Repubblica che ultimamente è diventato il principale sostenitore della stabilità del governo. I referendum rappresentano quindi un possibile importante sbocco politico per il movimento di lotta che abbiamo costruito in questi mesi nel paese. E' altrettanto evidente che se i referendum non passassero l'esito sarebbe un ulteriore fattore di stabilizzazione moderata. Berlusconi potrebbe vantare il fatto di avere la maggioranza del paese dalla sua, perché l'indicazione che darà sarà quella di non andare a votare, e non già quella di votare no. Il peso politico del referendum, quale che ne sia l'esito, è enorme.
I referendum sono però decisivi soprattutto per sconfiggere il berlusconismo. I contenuti politici dei quesiti sull'acqua e sul nucleare sono di prima grandezza. Per stare al solo referendum sull'acqua - alla cui campagna di raccolta firme abbiamo partecipato assai attivamente - una nostra vittoria significherebbe evitare la privatizzazione dell'acqua, ma significherebbe anche riaprire la discussione sulla gestione dei beni comuni a 360 gradi; significherebbe riaprire la discussione sull'allargamento dei beni comuni, sul fatto che l'istruzione è un bene comune, così come la salute, la conoscenza, ecc.; significherebbe, ancora, indicare concretamente una via di uscita dalla crisi del capitale attraverso l'estensione dei beni comuni, la demercificazione e il rilancio dell'intervento pubblico in termini comprensibili e condivisi a livello di massa; significherebbe, infine, mettere in discussione che la soddisfazione dei bisogni umani debba necessariamente avvenire attraverso la trasformazione dei valori d'uso in valori di scambio, in merci. Il referendum sull'acqua pubblica non mette solo in discussione la politica di Berlusconi, ma il complesso delle politiche neoliberiste attuate dal centrosinistra e può riaprire a livello di massa una discussione sull'alternativa. Il referendum sull'acqua può mutare radicalmente il panorama della discussione politica in questo paese, così come è avvenuto dopo le giornate di Genova, giusto dieci anni fa.
Non perdiamo dunque un minuto nell'intensificare la campagna referendaria, nell'allargarla ben al di fuori dei confini dell'antiberlusconismo, costruendola come vero e proprio intervento politico di massa. Il referendum rappresenta la leva principale con cui costruire un primo sbocco politico al movimento: Carpe diem!

 

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