Sono il Circolo PRC-FdS di Torri di Quartesolo (VI). Sono nato il 25 settembre 2011, da un gruppo di compagni indignati, che si prefigono di cambiare lo stato delle cose atuali. Il mio scopo è di farmi portavoce delle vertenze dei movimenti cittadini che riguardano il territorio nord-est vicentino, (Quinto Vicentino, Monticello ConteOtto, Longare, Grumolo delle Abadesse, Caldogno, Bolzano Vicentino, Camisano Vicentino). Affronto tematiche in campo ambientale e sociale e faccio mie le lotte per
A Vicenza l’opposizione al progetto di costruzione della nuova
base militare USA al Dal Molin continua, da tre anni, ad essere determinata e popolare, proprio perché espressione di diverse sensibilità ed identità sociali, mosse innanzitutto dalla necessità
di rispondere all’idea assurda di una militarizzazione quasi totale del territorio.
Vale la pena ricordare che la presenza militare USA risale agli anni 50 e che oggi sono presenti ben 6 basi militari dentro ed intorno a Vicenza (la più importante è la Caserma Ederle), per un
totale di un milione e 300mila mq.
Oltre a ciò Vicenza è sede della gendarmeria europea. Con il Dal Molin si arriverebbe ad occupare circa 3 milioni di mq di territorio.
Tutte queste porzioni di territorio sono sottratte al controllo democratico della popolazione, che non può entrarvi ed assai poco si conosce di cosa avviene là dentro.
La natura di questa presenza è mutata nel corso degli anni ed oggi la Caserma Ederle è la sede del comando strategico Africom, istituito di recente, perché il continente africano è divenuto
sempre più importante per gli interessi USA, sia per la ricchezza delle sue risorse sia sul piano della competizione con l’espansione politico-commerciale della Cina.
Perciò si vuole costruire una nuova base al Dal Molin, nonostante quell’area sia il polmone verde della città, per potervi riunificare la 173 brigata aviotrasportata, militari scelti, con compiti
di pronto intervento in Africa e nelle aree di crisi individuate dal governo USA.
Queste logiche di guerra e di dominio sono estranee agli interessi ed alla sensibilità della popolazione vicentina e la risposta di massa che vi è stata ha permesso, nel corso di questi tre anni,
di maturare capacità di mobilitazione e di informazione attraverso assemblee e convegni in materia ambientale, urbanistica, giuridica ed anche geopolitica.
La battaglia per la pace che si sviluppa a Vicenza e che trova radici profonde nella storia territoriale, a partire dal contributo dato alla Resistenza al nazifascismo, è espressione
dell’autodeterminazione dei popoli, è esclusione della guerra come soluzione delle controversie e dei contrasti tra popoli, è rifiuto della militarizzazione dei territori e degli spazi
sociali.
Una battaglia questa che non va disgiunta dall’azione di contrasto al rafforzamento dell’egemonia USA nel mondo, né va confusa con una non ben definita “multilateralità”, che rischia di
materializzarsi come accozzaglia fra capitalismi, un po’ come i vari G8 (o G20, o altro ancora se si vogliono comprendervi i capitalismi emergenti), che finiscono per farsi “consigli di
amministrazione”, oltretutto subordinati, del nuovo capitalismo, di cui oggi il volto “nuovo” di Obama è solo l’espressione più ripulita.
I movimenti come quello del Dal Molin sono composti da diverse forze e soggettività, ed è un fatto che molte persone si siano mosse anche a partire dalla propria identità sociale come, tra gli
altri, gli insegnanti, i medici e gli studenti.
C’è necessità di garantire l’autonomia ed il pluralismo del movimento, del nostro come di tutti gli altri, anche accettando il contributo di partiti e sindacati che si sono espressi e mobilitati
contro il Dal Molin.
E’ solo in questo modo, tra l’altro, che si possono smascherare le contraddizioni di chi agisce sul piano istituzionale senza un
collegamento con le lotte alla base della società.
A questo proposito, le recenti dichiarazioni del Sindaco Variati, che ora si dice favorevole ad uno spostamento del progetto nella zona est della città, la dicono lunga sulle
contraddizioni del PD e la facilità con cui il mandato degli elettori può essere tradito, nonostante le promesse fatte in campagna elettorale.
E’ bene
tornare a ribadire che i movimenti non vanno intercettati o strumentalizzati come fatto di potere contrattuale. Essi sono in sé espressione della presa di coscienza e del rifiuto della
verticalizzazione, nella quale, purtroppo, a sinistra si è andati sempre più scadendo; sono esigenza del rovesciamento dei termini del potere, dai vertici alla base, e dunque rifiuto delle
tendenze bipartitiche che servono a blindare il piano istituzionale. Se si allontanano (anche elettoralmente) dai riferimenti alternativi, ciò è dovuto in primo luogo alla riproposizione di
verticismo e strumentalità nei loro confronti.
Occorre muoversi in modo che i movimenti possano tornare anima della lotte alternative nella centralità delle lotte nei territori.
Claudia Rancati
del Coordinamento dei Comitati contro il Dal Molin