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Sono il Circolo PRC-FdS di Torri di Quartesolo (VI). Sono nato il 25 settembre 2011, da un gruppo di compagni indignati, che si prefigono di cambiare lo stato delle cose atuali. Il mio scopo è di farmi portavoce delle vertenze dei movimenti cittadini che riguardano il territorio nord-est vicentino, (Quinto Vicentino, Monticello ConteOtto, Longare, Grumolo delle Abadesse, Caldogno, Bolzano Vicentino, Camisano Vicentino). Affronto tematiche in campo ambientale e sociale e faccio mie le lotte per

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La Innse, un esempio di divieto a lottare per il proprio lavoro; vietato anche l'ingresso alla Fiom. E ora il sequestro della fabbrica.


«Una vergogna per l'Italia e per Milano»

 

«Una vergogna per l'Italia e per Milano». Giorgio Cremaschi, segretario nazionale della Fiom, parla con alle spalle uno schieramento impressionante di carabinieri e polizia. A fianco a lui c'è la segretaria generale della Fiom di Milano Maria Sciancati, e Giulia Colombini, segretaria della Cgil Lombardia. E' una conferenza stampa improvvisata davanti ai cancelli della Innse, in lotta per la difesa dei posti di lavoro. Domenica notte, le tute blu sono state cacciate dalla portineria a colpi di manganellate per permettere poi ad una squadra di entrare e tentare di portare via un po' di macchinari. E ora il sindacato prova a dare la sua risposta: richiesta al prefetto di un tavolo di confronto e sospensione delle operazioni di smantellamento di torni e alesatrici. A controfirmare, arriva nel pomeriggio il segretario generale della Fiom Gianni Rinaldini. «Se non andrà così - dice - sono altri che si devono assumere la responsabilità di quel che succederà». Ma la risposta positiva non si fa attendere. L'incontro ci sarà in serata.
Intanto, per oggi sono state proclamate due ore di sciopero in tutto il settore metalmeccanico di Milano e provincia. E davanti ai cancelli il presidio non è più soltanto dei cinquanta lavoratori che resistono ormai da giugno del 2008, ma anche della Fiom. Un gruppo di lavoratori e sindacalisti continua poi ad oltranza il presidio dentro i locali della Regione in attesa che il presidente Formigoni si decida a riceverli.
Lì dentro c'è un patrimonio di diversi milioni di euro: macchine di prima qualità che hanno consentito all'Innse di farsi un nome in tutto il mondo. E Silvano Genta, l'imprenditore che nel 2006 si è aggiudicato l'impianto per poco più di settecentomila euro grazie alla legge Prodi, ora vuole "realizzare": ovviamente sulla pelle dei lavoratori, approfittando delle ferie agostane, grazie all'appoggio del ministro dell'Interno Bobo Maroni, e nell'assenza totale di Regione, Provincia e Comune, che ieri hanno segnato ancora una volta la più completa latitanza dopo aver promesso non più tardi di qualche giorno fa che tutto sarebbe filato liscio fino a settembre. L'operazione di strappare l'impianto alle sue radici non è ancora riuscita, ovviamente. Gli "smantellatori" stanno chiusi dentro l'azienda occupata militarmente dalle forze dell'ordine, mentre i lavoratori promettono che da lì non uscirà nemmeno uno spillo. Un vero e proprio braccio di ferro, che racconta anche di come il Governo Berlusconi intende affrontare la crisi economica in Italia.
L'Innse, del resto, è una tipica storia italiana. Da una parte un'azienda in piena salute che ha realizzato alcune "cosucce" come parti del Cern di Ginevra, e che al momento di essere congelata aveva un portafoglio ordini piuttosto consistente; dall'altra, un imprenditore d'assalto come Genta, amico di Roberto Castelli e quindi nel giro della Lega, che non investe una lira, non paga l'affitto dell'area alla Aedes, ed ora pretende di vendere i macchinari, il cui valore si aggira intorno ai diversi milioni di euro. Ci sono alcuni imprenditori, intanto, come conferma lo stesso Sergio Cusani, che sta seguendo la vicenda come consulente della Fiom, che sarebbero anche interessati a far ripartire l'azienda, ma vengono sistematicamente ignorati.
Genta, che proprio ieri si è presentato in tribunale nella causa per il pagamento dell'affitto dell'area, respinge le accuse e dice che di offerte serie non ne sono arrivate. «Siamo rimasti ostaggio di personaggi ideologicamente schierati che per 14 mesi non hanno fatto alcuna proposta seria e reale», dichiara. «Non ho alcun amico politico - aggiunge -. I miei contatti sono stati solo con le istituzioni: prefetto, ministero, tribunale e questura. Non sono stato presentato da alcun politico, vado in prefettura quando mi chiamano e seguo le istituzioni per risolvere i problemi». E invece non è così. Quando la Innse era sull'orlo del fallimento fu proprio Castelli a portare Genta in Provincia, come ricorda la stessa Sciancati davanti ai giornalisti.
Intanto, continua il tam tam della solidarietà. Domenica pomeriggio qui davanti c'e stato il segretario del Prc Paolo Ferrero. «C'è un'azienda che funziona e che viene smontata perchè qualcuno ha interesse a fare una speculazione edilizia. Solo che non tutti gli italiani sono disposti a prendere mille euro al giorno per dare il culo a Berlusconi», aveva detto Ferrero. Ieri il segretario del Prc ha chiesto a Maroni «di fermarsi subito e ritirare la forza pubblica, in modo da permettere la riapertura e il buon esito del tavolo di mediazione in prefettura». «Non sia il ministero degli Interni - ha aggiunto - a garantire lo smantellamento degli impianti dell'azienda affinchè la proprietà possa fare la propria speculazione». Ieri è arrivato il messaggio dell'ex segretario generale della Cisl Savino Pezzotta: «Esprimo la mia piena e convinta solidarietà ai lavoratori dell'Innse di Milano. Questi lavoratori da più di un anno sono in attesa di una proposta di soluzione e di un piano di salvataggio», ha detto il deputato dell'Unione di Centro Pezzotta. L'impresa, spiega, «non è decotta, ha capacità innovative e un personale fortemente motivato. Non è con lo sgombero forzato che si risolvono questioni come queste, ma evitando le speculazioni e il disinteresse verso i drammi umani e familiari dei lavoratori coinvolti». «Sollecito il Ministro delle Politiche sociali e del lavoro ad intervenire con sollecitudine e a ricercare una soluzione. La vicenda è il primo segnale delle gravi tensioni sociali che si muovono nel mondo del lavoro. Spiace che il Governo non abbia voluto accogliere le nostre proposte sugli ammortizzatori sociali e sul governo della crisi», ha concluso Pezzotta.
«Noi non ce ne andremo mai da qui», dicono infine i lavoratori. «Abbiamo passato 14 mesi qui e non è questo il momento di andarcene», spiega Claudio, che lavora da 30 anni nell'industria nei pressi di Lambrate. «Aspettiamo un compratore - aggiunge - compratore che c'è già, perchè la società di intermediazione che ha ricevuto l'incarico lo ha già trovato».


Fabio Sebastiani
Liberazione 04/08/2009
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