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30 dicembre 2011 5 30 /12 /dicembre /2011 15:56

Checchino Antonini, www.liberazione.it


«Monti, Malinconico, il tempo è scaduto» e, per questo, c'eravamo anche noi ieri mattina sotto la Galleria Colonna, a due passi da Palazzo Chigi, dove il premier Monti riceveva i cronisti per la conferenza stampa di fine anno. Giornalisti e poligrafici di Liberazione, col Cdr e il direttore Dino Greco: tutti riconoscibili dalle pettorine gialle e dallo striscione "Occupy Liberazione" nella piccola folla di operatori e colleghi, "costretti" ad ascoltare le nostre ragioni di vertenza pilota contro i tagli all'editoria mentre erano in fila per l'accredito. «Liberazione non sarà più in edicola dal primo gennaio - spiegava il nostro volantino che annunciava l'occupazione della sede del quotidiano comunista - chiediamo la riapertura di un tavolo di trattativa sindacale». «Monti continua a parlare di crescita ma gli unici provvedimenti assunti vanno in direzione opposta. La scelta di tagliare il fondo dell'editoria infatti porterà alla chiusura di molte testate e alla perdita di migliaia di posti di lavoro, oltre che ad una riduzione della democrazia nel paese», ha fatto sapere con un comunicato stampa anche Paolo Ferrero, segretario del Prc, che ha voluto «denunciare in particolare la situazione di Liberazione che, dopo una lunga ristrutturazione, adesso per colpa dei tagli si vede costretto a sospendere le pubblicazioni. Nell'appoggiare la lotta dei lavoratori e delle lavoratrici di Liberazione nella difesa del posto di lavoro, chiediamo a Monti risposte concrete ai problemi concreti e non proclami contraddetti dai provvedimenti». Qualche piano sopra lo striscione, il premier parla anche di contributi statali alla stampa. «La cosa molto difficile è scegliere», dice, ma il governo sta lavorando per criteri «obiettivi ed il più possibile persuasivi, di tipo quantitativo e di effettiva diffusione. Sarebbe impensabile eliminare completamente i contributi che sono il lievito di una informazione pluralistica e della coesistenza di correnti culturali e politiche vitali per un paese, ma sarebbe altrettanto superficiale e brutale eludere il problema della scelta in una fase in cui ogni euro che lo Stato spende deve essere oggetto di verifica».
La lunga giornata, la seconda di occupazione, la decima dell'assemblea permanente, era iniziata con una cronaca via mail della nottata: «Buongiorno, qui il duro pavimento ha fatto il suo dovere, stanotte. Ci ha accolto meno freddamente dell'azienda al tavolo», scrive Antonella Marrone. Seguiva il racconto di una socialità affettuosa e preoccupata dentro cui s'è provato a condividere il carico di una vertenza complessa e per molti versi pionieristica visto che siamo i primi di una lunga lista di testate a rischio. «Il dibattito su chi siamo e come dirlo ci ha coinvolto fino alle due e tre quarti. Alla fine, carichi di dubbi e di certezze siamo andati a dormire. La mattina, presto, Paolo ci ha portato i cornetti caldi, mentre l'addetto alle pulizie, con aria sorpresa , gli raccontava che c'era gente che dormiva sul pavimento qui e là. Non ha voluto spazzarci via. Ci ha lasciati dormire pensando che, un giorno, avremmo potuto riprendere la trattativa». Tra i computer, sacchi a pelo, striscioni e cornetti dopo la rottura drammatica del tavolo di trattativa e nell'attendismo del governo e della politica ma anche nelle numerosissime manifestazioni d'affetto e di presenza dei nostri compagni di strada. Viviamo e lavoriamo con le modalità che abbiamo appreso dai movimenti, prendendovi parte o raccontandoli.
Occupy Liberazione è quindi un'esperienza aperta ccdsc per tenere in vita il giornale, salvare i posti di lavoro e diventare un "locale giornale", uno spazio pubblico dove ragionare sull'informazione e sulle soluzioni concrete per le 99 testate a rischio assieme a noi, con i loro cinquemila lavoratori e con tutte le vertenze che resteranno senza voce in balìa di chi gestisce il debat public costruendo visioni del mondo di comodo, dirottando l'opinione pubblica altrove.
L'esempio concreto di questa vertenza generale e contaminata lo abbiamo fornito nell'iniziativa di Santo Stefano quando abbiamo condiviso con gli edicolanti in lotta, i lavoratori dei treni notturni e i cassintegrati della Selex la diretta su Rai News 24. Lo stesso accadrà stamattina nella conferenza che ospiteremo a mezzogiorno e che gestiremo assieme ai nostri sindacati - Fnsi e Slc - ai colleghi del manifesto e di altre testate, a una rappresentante dei giornalisti precari e, ancora, ai lottatori della Servirail e altri ancora.
Mentre scriviamo questo diario passano in redazione il segretario generale della Fnsi Franco Siddi e poi la troupe di "Piazza pulita" per registrare la nostra voce, giungono le testimonianze e le telefonate di chi è angosciato come noi per la sorte di questo giornale. Tra le altre cito quella di Nicoletta Dosio che non perde occasione per ricordare che siamo stati i primi, undici anni fa, ad accorgerci dei No Tav e a non deformare mai la verità parlando della Valle che resiste. «Noi non dimentichiamo». Al più presto in Valsusa sarà organizzata una cena di sottoscrizione e dibattito per Liberazione. Anche "I Siciliani", gli eredi della testata fondata da Pippo Fava sono con noi. A dircelo al telefono il direttore Riccardo Orioles. E cresce, come testimonia la lettera aperta di Renzo Santelli della Fnsi, l'idea che Occupy Liberazione possa diventare uno spazio fisico e virtuale, lui lo chiama Comitato della libertà, a disposizione dei giornali di partito, cooperativi, di idee, delle minoranze linguistiche e per gli italiani all'estero minacciati dai tagli indiscriminati ai fondi pubblici: «Ci sembra giusto che in questa situazione la redazione del giornale del partito della Rifondazione comunista diventi il simbolo di una battaglia per la libertà di informazione e per il pluralismo delle voci».

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